TESORI DIMENTICATI: IL CENOTAFIO DI PALINURO
Le bellezze di una natura lussureggiante, la storia e il mito hanno
fatto di Palinuro, la perla del Cilento, un punto di riferimento per il turismo
internazionale; e lo stesso può dirsi per i suoi splendidi dintorni. Caprioli,
ad esempio, può vantare la presenza sul suo territorio di un ricordo storico
legato direttamente al leggendario nocchiero di Enea, che dette il nome al Capo.
Si tratta dell’interessante Cenotafio di Palinuro, ben conosciuto anche dai
primi audaci viaggiatori del Gran Tour (uno dei quali, Franz Ludwig Catel, nel
1812 ne trasse l’acquaforte riprodotta in questa pagina) ed oggi purtroppo
quasi dimenticato. Ma vediamo cosa scrisse del Cenotafio la storico Antonini nel
suo libro "Lucania". Il cenotafio o sepolcro di Palinuro è posto all’inizio
del porto Velino, che termina a mezzo miglio dalla Molpa (quindi presso l’attuale
capo Palinuro). Questo sepolcro era stato eretto dai Lucani per porre fine alla
maledizione che si era abbattuta su di loro. Infatti accadde che Palinuro,
nocchiero di Enea, che era partito dalla costa Libica con tutta l’armata,
durante il viaggio si addormentò e cadde in mare. Dopo aver nuotato tre giorni,
all’alba del quarto raggiunse la terra dove venne ucciso e cannibalizzato dai
Lucani. Quindi su questo popolo si scagliò una maledizione; essi, per
liberarsene, consultarono l’oracolo che consigliò loro di erigere un altare
ove sacrificare una capra, da cui il luogo prese il nome di Torre del Capro che
poi si mutò in Caprioli. Quindi il Cenotafio rappresenta un sepolcro vuoto, un
altare eretto dai Lucani al solo scopo di espiare le proprie colpe e placare i
Mani protettori di Palinuro. Possiamo dire che il Cenotafio è posto su una
piccola prominenza dove comincia a delinearsi il porto, come ci viene riferito
dalle testimonianze presenti nei testi che trattano la sua storia, e da questi
è descritto in questo modo: l’opera era di forma quadrata formata da piccole
pietre, che solo negli angoli erano più grandi; alcune erano state passate sul
fuoco e per questo assunsero un colore rosso. Ci viene indicato che la sua
larghezza era di 32 palmi e la sua altezza di 24, di cui 16 al di sopra del
livello del terreno e 8 al di sotto. Vi erano due porte, una a sud ed una a
nord; tra le due un piccolo portico. Per questo si pensa che inizialmente vi
fossero due torri, di cui una cadde e l’altra rimase intatta con parte del
portico. All’interno vi era una volta più bassa e più stretta composta di
grandissimi mattoni. La volta era 2 palmi e mezzo larga e 4 palmi alta con delle
rappresentazioni sulle pareti: questo doveva essere il luogo in cui
simbolicamente riposano le stanche membra di Palinuro. Nella rozzezza e nell’inesperienza
dell’architettura si vede la sua antichità. Sul sepolcro è ancora visibile
il sigillo che nel 1930 pose la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Salerno,
avendolo riconosciuto come reperto di notevole interesse storico. Situato in un
punto di difficile accesso nei pressi del campeggio "Baia del
Silenzio" (anche se è addirittura visibile dalla strada Caprioli -
Palinuro), il Cenotafio, se valorizzato a dovere, potrebbe costituire un’attrattiva
turistica importante. Al momento però l’esigenza più urgente è quella di
far sì che un bene così prezioso venga preservato dalle ingiurie del tempo e
dell’uomo, che finora non sono stati benevoli nei suoi confronti.
Diego Mautone